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L’ultimo motivo di opposizione riguarda l’illegittimità dello ius variandi applicato dalla banca ai tassi di interesse. E’ noto come lo ius variandi, declinato in ambito creditizio, consista nella pratica invalsa tra le banche di apportare delle modifiche ai contratti di durata stipulati con terzi soggetti, modifiche che solitamente danno origine per questi ultimi a conseguenze peggiorative. Più precisamente, tale pratica permette alle banche di modificare unilateralmente le condizioni previamente stabilite nei suddetti contratti, a condizione che il cliente abbia sottoscritto la relativa clausola vessatoria (art. 117, 5 c., Decreto Legislativo l settembre 1993, n. 385 – TUB) e che le variazioni vengano comunicate a tale soggetto nei modi e nei termini stabiliti dal CICR (art. 118, I c., Decreto Legislativo I settembre 1993, n. 385 – TUB). Tuttavia, l’art. 118 TUB, nella formulazione originaria, sanciva come, ove fosse stata convenuta nei contratti di durata la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni, “le variazioni sfavorevoli dovessero essere comunicate al cliente nei modi e nei termini stabiliti dal CICR” e che “entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione scritta, ovvero dell’effettuazione di altre forme di comunicazione attua t e a i sensi del comma 1, il cliente aveva diritto di recedere dal contratto senza penalità e di ottenere, in sede di liquidazione del rapporto, l’applicazione delle condizioni precedentemente praticate”. Nondimeno, il CICR dava seguito al disposto di cui all’art. 118 cit. solo dopo diversi anni dall’entrata in vigore del TUB, andando a disciplinare le predette modalità di comunicazione delle variazioni negoziali effettuate dalla Banche solo con la delibera del 4 marzo 2003. Quest’ultima, peraltro, prevedeva sia che “le variazioni sfavorevoli al cliente, riguardanti tassi di interesse, prezzi e altre condizioni delle operazioni e dei servizi, fossero comunicate al cliente con la chiara evidenziazione delle variazioni intervenute”, sia che “variazioni sfavorevoli generalizzate potessero essere comunicate alla clientela in modo impersonale, mediante apposite inserzioni nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, anche ai fini dell’esercizio del diritto di recesso previsto dall’articolo 118, comma 3, del testo unico bancario”, salvo però ad essere poi “comunicate individualmente al cliente alla prima occasione utile, nell’ambito delle comunicazioni periodiche o di quelle riguardanti operazioni specifiche”. In ogni caso, fermo l’art. 118 cit., per il periodo precedente al 2003, pur mancando una delibera del CICR che regolamentasse espressamente la fattispecie, non può revocarsi in dubbio come, anche in assenza di tale deliberato, fosse pur sempre imprescindibile onere della Banche comunicare per iscritto le modificazioni peggiorative unilateralmente disposte a carico dei clienti nel corso del rapporto. Ciò, infatti, è facilmente desumibile dallo stesso disposto dell’art. 118 c. 3 cit., il quale, nel riconoscere un diritto di recesso dal contratto al cliente “entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione scritta ovvero dell’effettuazione di altre forme di comunicazione attuate ai sensi del comma l “, poneva già di per sé in capo alla Banca (quanto meno) l’onere formale minimo dell’informazione cartacea a favore del cliente, sempre che non intervenisse una successiva delibera del CICR a regolare diversamente – ma pur sempre secondo canoni di trasparenza – la procedura da rispettare. Peraltro, una tale interpretazione appare l’unica a rispondere ai canoni di trasparenza dei rapporti bancari, in uno alle ragioni di più efficace tutela del contraente debole, che hanno caratterizzato la legislazione del settore bancario sin dalla L. 154/1992, – tanto più che tali principi di chiarezza e salvaguardia hanno continuato a permeare – forse in termini ancora più incisivi – pure le scelte legislative più recenti. Infatti, non solo la predetta delibera CICR del 2003 , ma la stessa successiva L. n. 248/06 (che ha convertito, con modifiche, il decreto legge del 4 luglio 2006, n. 223 – c.d. decreto Bersani- modificativo dell’art. 118 cit.) non hanno giammai inteso prescindere dall’obbligo minimo a carico delle Banche di comunicare per iscritto e personalmente al cliente tutte le “Modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali”. Per cui, anche alla luce delle sopravvenienze normative de quibus, deve assumersi come già il solo art. 118 cit. esprimesse, sin dalla sua entrata in vigore, uno specifico onere di informazione scritta del cliente in caso di variazioni negoziali unilateralmente disposte dalla Banca: e ciò a pena di inefficacia delle stesse. L’attuale 2′ comma 18 TUB, sostituito dall’art. 4 d.lg. 13 agosto 2010, n. 141, con la decorrenza indicata al comma 2 dell’art. 6 d.lg. citato, in attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, prevede ora che “Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: “Proposta di modifica unilaterale del contratto”, con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. Nei rapporti al portatore la comunicazione è effettuata secondo le modalità stabilite dal CICR. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tale caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate”. Tanto acclarato in termini generali, con riferimento al caso di specie deve osservarsi che l’opponente non ha sollevato alcuna contestazione alla deduzione fatta dalla banca opponente nella comparsa di costituzione in giudizio e documentata in atti, di aver pattuito per iscritto con la Rotopack s.p.a. la possibilità di variare le condizioni contrattuali (art. 16 dei contratti prodotti in atti), di aver rispettato le modalità indicate in detta clausola contrattuale, in particolare di aver inviato comunicazione scritta delle variazioni effettuate sulle condizioni contrattali all’indirizzo del debitore, contenuta negli estratti conto periodici.

Testo integrale:Tribunale di Chieti, sentenza n. 713 del 22 ottobre 2013 – Est. Lulcio Luciotti

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