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Tribunale di Pavia, ordinanza del 21 aprile 2016 – Est. Andrea Pirola

Preliminarmente devono essere rigettate le eccezioni del resistente.

Innanzitutto la ricorrente ha formulato una domanda di accertamento volta a rideterminare il saldo di conto corrente per effetto della eventuale nullità di specifiche clausole del conto corrente.

Quindi non avendo la ricorrente richiesto la restituzione dell’eventuale indebito percepito dalla banca, è irrilevante che il conto medesimo sia ancora in essere.

Inoltre devo essere rigettata anche l’eccezione di prescrizione Infatti la prescrizione decorre dalle singole operazioni solo quando le stesse hanno valenza solutoria non meramente ripristinatoria – essendo peraltro onere della banca indicare con un sufficiente grado di determinatezza quali rimesse

hanno valenza solutoria-. Altrimenti -come nel caso di specie, posto che si tratta di conto corrente con apertura di credito mediante affidamento- la prescrizione decorre solo dalla chiusura del conto.

Inoltre, sempre nel caso di specie, la banca resistente ha formulato un’eccezione di prescrizione assolutamente generica, limitandosi ad eccepire “la prescrizione decennale di ogni pretesa avversaria con riferimento ai pagamenti effettuati da controparte in relazione a tutti gli importi idi cui ad addebiti a titolo di competenze, interessi passivi e anatocistici, spese e commissioni..” pag.l1 comparsa di costituzione-, quando invece è onere di chi formula la stessa indicare puntualmente le rimesse aventi carattere solutorio, non potendo tale indagine essere affidata al ctu, posto che altrimenti la stessa avrebbe un contenuto esplorativo e ricercherebbe fatti costitutivi dell’eccezione che è onere dell’eccipiente dedurre nel processo.

Infine, il ricorrente non è incorso in alcuna decadenza. Infatti le contestazioni ex art. 1832 c.c. concernono esclusivamente la correttezza delle scritture contabili, e non certamente la nullità delle clausole contrattuali.

Il conto corrente è stato aperto il 14.2.1985.

Il conto prevedeva la corresponsione di interessi anatocistici.

Fino all’entrata in vigore della delibera Cicr del 25.2.2000 -1.7.2000-, le clausole anatocistiche sono

pacificamente nulle.

Dopo il 1.7.2000 e fino al 1.1.2014 sono valide le clausole contrattuali che prevedano la corresponsione di interessi anatocistici, purché esse siano espressamente pattuite e sottoscritte e la corresponsione degli interessi -attivi e passivi- sia concordata in modo paritetico-oltre al rispetto delle ulteriori formalità – comunicazione al correntista dell’avvenuta pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della delibera Cicr 9.2.2000.

Deve ritenersi che sia necessaria una specifica approvazione per iscritto di tale clausola nella specie

mancante-, posto che comunque una eventuale corresponsione di interessi anatocistici ancorché stabilita in modo paritetico sarebbe peggiorativa rispetto al periodo antecedente che prevedeva -stante la nullità della clausola, la completa assenza di interessi anatocistici-_ Non rispetta quindi il requisito previsto dalla delibera del Cicr la semplice comunicazione unilaterale della banca -peraltro nel caso di specie neppure provata in giudizio-.

Dal 1.1.2014, per effetto dell’entrata in vigore della legge 147/13 -co. 629- che ha sostituito l’art. 120 tub, che deve in tal senso interpretarsi, è preclusa l’applicazione dell’anatocismo bancario.

Consegne quindi la nullità della clausola n. 7 delle condizioni generali di contratto sotto il profilo della corresponsione di tassi anatocistici -sia per il periodo ante delibera Cicr 9.2.2000, sia per il periodo successivo alla sua entrata in vigore-. Quindi tutte le somme versate dal correntista alla banca a titolo di interessi anatocistici per tutta la durata del conto corrente sono stati versati dallo stesso senza causa. Per l’effetto gli interessi a debito del correntista devono essere calcolati senza operare alcuna capitalizzazione -Cass. sez.un. n. 24418 del 2.12.2010-.

Inoltre deve essere dichiarata la nullità dell’art. 7 delle condizioni generali del contratto nella parte in cui è previsto l’addebito in conto corrente di interessi in misura superiore a quelli legali. Essi erano pattuiti in modo assolutamente generico e indeterminato con un generico riferimento agli usi di piazza.

Infatti la pattuizione degli stessi deve essere specificamente voluta e approvata da entrambe le parti,

secondo un criterio predeterminato e condiviso ai sensi dell’art. 1284 c.c. e ex art. 117 co. t.u.b -norma già introdotta dalla l. 154/92- che stabilisce la nullità delle clausole di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interessi-. Quindi i tassi di interessi ultralegali non possono essere stabiliti unilateralmente dalla banca -ex plurimis Cass n. 270/06-. Inoltre prima dell’entrata in vigore della legge 154/92, l’eventuale pattuizione di interessi ultralegali con rinvio agli usi di piazza è nulla per difetto di univocità, per difetto di univoca determinabilità del tasso di interesse sulla base del documento contrattuale Cass. n. 23974 del 25.11.2010-. La mancata contestazione degli estratti conto vale solo come accettazione delle appostazioni contabili e non può valere come accettazione dei criteri in virtù dei quali si determinano le somme iscritte.

Quindi anche gli importi calcolati per interessi ultralegali devono essere scomputati dal calcolo del saldo finale del conto corrente, in quanto corrisposti senza titolo, con tasso determinato in quello degli interessi legali fino al 9.3.1992 e poi dal 10.3.1992 dal valore minimo -per gli interessi debitori- e massimo -per quelli creditori- dei Bot annuali emessi nei dodici mesi precedenti ad ogni chiusura trimestrale del conto.

Inoltre, deve essere dichiarata la nullità della clausola contrattuale che prevedeva la commissione di

massimo scoperto. Infatti, tale clausola, infatti, a giudizio dello scrivente, può ritenersi valida, ma solo ove siano stabiliti in modo chiaro, il tasso applicabile, i criteri di applicazione dello stesso e di calcolo, la periodicità dello stesso e la medesima sia specificamente approvata per iscritto. Solo in tal modo -in linea con quanto ora previsto dall’art. 117 bis t.u.b. introdotto dal d.l. 201/11- il cliente della banca può essere reso consapevole dell’onere aggiuntivo che accetta di assumere -cfr. Trib Reggio Emilia 23.4.2014; trib. Monza 22.11.2011-

Nel caso specifico l’art. 7 delle condizioni generali di contratto prevedeva genericamente la corresponsione di spese non meglio specificate “con valuta con data di regolamento”.

Pertanto non si possono neppure ritenere pattuita la commissione di massimo scoperto e comunque è assolutamente indeterminata la base di calcolo della stessa.

Conseguentemente anche le somme pagate a titolo risultano corrisposta senza titolo.

Per le stesse ragioni – previsione a non meglio specificate spese- indeterminatezza – e per assenza di

specifica pattuizione (scritta) deve essere dichiarata la nullità della clausola dell’art. 7 delle condizioni di contratto che prevedeva per le spese di tenuta e chiusura periodica del conto, oltre a quelle relative alla decorrenza dei giorni valuta. Infatti in assenza di specifica pattuizione scritta -non risultante nel caso specifico- la banca non poteva differire la decorrenza della valuta ad un giorno diverso da quello dell’effettivo accreditamento della somma sul conto.

Pertanto il saldo al 30.4.2014 del rapporto di conto corrente oggetto di causa è stato correttamente ricostruito dal ctu nell’ipotesi sub III della perizia -ipotesi che recepisce integralmente gli effetti delle dichiarate nullità- in € 41.271,72 a credito della ricorrente.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale di Pavia, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza e eccezione disattesa, così

decide:

1. Accerta e dichiara la nullità delle clausole di cui all”art. 7 delle condizioni generali del contratto oggetto di causa nella parte in cui: a) è prevista la capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici; b) è prevista l’addebito in conto corrente di interessi ultralegali; c) è previsto l’addebito di commissioni di massimo scoperto e di spese; d) è prevista l’applicazione di interessi ultralegali applicata nel rapporto di conto corrente sulla differenza fra giorni valuta e giorno della data dell’operazione e, per l’effetto,

2. Accerta e dichiara che, alla data del 30.4.2014, il rapporto dare/avere del conto corrente n. 01383383 è di € 41.271,14 quale saldo a credito della correntista

3. Condanna Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza spa a pagare a con distrazione a favore dei difensori antistatari, le spese di lite che liquida in € 7.500, oltre il 15% per spese generali, oltre € 406,50 per esborsi, oltre IVA e Cpa di legge

4. Pone definitivamente a carico di parte resistente le spese di ctu

Pavia 20.4.2016

Il Giudice

dott. Andrea Francesco Pirola

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