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Su segnalazione del Collega Avv. Nicolò Bilancioni

Con la pronuncia n. 1315/2024 la 1° sezione civile afferma: “La pacifica corrispondenza tra le clausole dichiarate nulle dalla e quelle inserite al n. 2, 6 e 8 delle fideiussioni omnibus sottoscritte (…) , rispettivamente in data 11/2/2011 e in data 15/6/2012, pone la questione se tale coincidenza sia sufficiente ai fini della dimostrazione delle condotte anticoncorrenziali ed, in particolare, se possa affermarsi una perdurante idoneità del provvedimento amministrativo n. 55/2005 a fungere da prova privilegiata dell’esistenza dell’intesa restrittiva della concorrenza, a distanza di anni dal completamento dell’attività istruttoria da parte dell’Autorità di Vigilanza (…) Quanto alle garanzie sottoscritte successivamente al maggio 2005, di rilievo è la pronuncia n. 41994/2021 delle sezioni unite che, in relazione ad un contenzioso che ha riguardato una fideiussione rilasciata nel giugno 2016, hanno ritenuto che la presunzione, circa la sussistenza del persistere dell’intesa anticoncorrenziale, operasse anche per condotte successive all’adozione del provvedimento dell’ Autorità di Vigilanza. (…) Il rilievo dato dalla pronuncia al collegamento funzionale tra l’intesa anti concorrenziale a monte e i contratti a valle e le regole dell’onere della prova nei giudizi per violazione della disciplina antitrust, portano questa Corte a ritenere che anche nei giudizi relativi alle fideiussioni concesse dopo il maggio 2005, laddove si accerti la riproduzione di clausole vietate, il provvedimento della possa fornire una presunzione iuris tantum dell’attualità dell’intesa restrittiva. Presunzione che l’istituto di credito può vincere fornendo la prova contraria mediante la produzione di analoghe garanzie emesse nel medesimo arco temporale, ma prive delle clausole accertate come nulle, e chiarendo, se del caso, le ragioni dell’inserimento, a distanza di anni, di siffatte clausole negli schemi contrattuali adottati. Nel caso oggetto di esame, parte appellata non ha fornito la prova contraria”.

Conforme, sent. della C.d.A. di Milano, n. 1441/2024, “correttiva” delle motivazioni della pronuncia del Tribunale di Milano, il quale aveva ritenuto (considerata la data di sottoscrizione della fideiussione, successiva all’intervento della Banca d’Italia del 2/5/2005), che nel contesto di un’azione c.d. stand alone l’attrice non avesse fornito la prova della persistenza dell’intesa vietata alla data della sottoscrizione del contratto.

C.d.A. Milano, sent. 524/24: “Ciò che assume rilievo, (…) è il fatto che dette clausole costituiscono lo sbocco dell’intesa vietata e, cioè, che attraverso dette disposizioni, unilateralmente predisposte dalla banca, alle quali ha aderito con la propria sottoscrizione, si siano attuati gli effetti della condotta illecita. Ritiene la Corte che la presenza, nel modulo contrattuale in esame, di clausole perfettamente coincidenti con quelle censurate dalla Banca d’Italia, rende la circostanza che la fideiussione sia stata stipulata nel 2007 del tutto irrilevante: ciò che è dirimente, infatti, è la sostanziale coincidenza delle condizioni contrattuali con il testo di uno schema contrattuale espressivo della vietata intesa restrittiva. Questa Corte, infatti, aderisce a quella giurisprudenza di merito che ha evidenziato che la piena coincidenza della garanzia con il modello predisposto (…) senza alcuna forma di personalizzazione, (…), costituisce un importante indizio della volontà del predisponente di uniformare la disciplina contrattuale delle fideiussioni nei termini più vantaggiosi per il sistema creditizio (…). Parte appellante non aveva l’onere di fornire alcuna altra prova (…)”.

 

C.d.A. di Milano (Sez. Specializzata Impresa), con sentenza n. 1439/2024, dà continuità alla “presunzione iuris tantum” della persistenza dell’intesa anche successivamente al 2005; è la Banca che è onerata a dare la prova contraria.

Così la Corte: “La censura è priva di fondamento. Difatti, a parere della Corte, pur a non voler riconoscere efficacia probatoria strictu sensu ‘privilegiata’ al provvedimento dell’Autorità con riguardo alle fideiussioni contenenti le clausole sanzionate, ma sottoscritte in un periodo successivo all’arco temporale oggetto dell’istruttoria condotta dall’Autorità, il provvedimento de quo, alla luce dell’autorevole e condivisibile interpretazione offertane dalla Suprema Corte, con la più volte citata sentenza n. 41994/2021, -in parziale modifica di quanto osservato dal giudice di primo grado – consente comunque di ravvisare la persistenza di un “meccanismo di violazione della normativa nazionale ed eurounitaria antitrust” abitualmente utilizzato dagli istituti di credito, meccanismo che rinviene la sua fonte in atti diversi (id est: il contratto a valle e l’intesa a monte, dichiarata nulla dall’Autorità di vigilanza), funzionalmente collegati ai fini dell’attuazione dell’illecito.

In altri termini, la riproduzione in un contratto di fideiussione successivo al 2005 delle clausole dichiarate nulle dal provvedimento n. 55/2005 comporta una valida presunzione della persistenza, tra l’atto a monte e il contratto a valle, di un nesso funzionale alla produzione dell’effetto anticoncorrenziale.

Trattasi, ad avviso della Corte, di una presunzione iuris tantum, suscettibile di prova contraria, ma da parte della banca, sulla quale, anche per il principio di vicinanza della prova, incombe l’onere di dimostrare che al tempo in cui la fideiussione è stata rilasciata e nonostante l’identico contenuto delle clausole, più non persistesse l’intesa anticoncorrenziale tra gli istituti di credito oggetto delle censure dell’Autorità di Vigilanza.

Nel caso di specie gli appellanti hanno assolto al proprio onere probatorio, producendo il contratto di fideiussione del 22.11.2012 (cfr. doc. n. 5 parte appellante) e allegando la corrispondenza delle clausole contrattuali a quelle sanzionate dalla e tanto bastava, ad opinione della Corte, a ritenere provato il perdurare dell’esistenza dell’intesa restrittiva della concorrenza.

Di contro, a fronte di ciò e dell’effettiva riproduzione nel testo negoziale di tutte e tre le clausole del modello ABI dichiarate nulle (…), l’appellata non ha offerto nel presente giudizio una prova in grado di superare la presunzione di permanenza dell’intesa illecita nel momento in cui la fideiussione è stata rilasciata (novembre 2012)”.

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