Pubblicato il: 01/09/2024

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22459 dell’8 agosto 2024, ha dichiarato illegittimo il licenziamento irrogato ad un lavoratore, che si era rifiutato di eseguire un incarico straordinario assegnatogli con breve preavviso.

Nel caso di specie il lavoratore, impiegato in una società di trasporto, aveva ricevuto l’ordine di effettuare un viaggio non programmato, il venerdì sera al termine della sua giornata lavorativa. Dopo il suo rifiuto, la società, ritenendolo inaffidabile, aveva avviato un procedimento disciplinare e lo aveva licenziato per giusta causa.

Cosa dice la legge in proposito?

Ini via preliminare, si ricorda che l’orario straordinario consiste nelle ore di lavoro eccedenti l’orario di lavoro normale, quantificato dalla normativa vigente in 40 ore settimanali, salva la disciplina dei contratti collettivi (art. 3 del D. Lgs. n. 66/2003).

Il legislatore, infatti, ha previsto la facoltà della contrattazione collettiva – di qualsiasi livello – di introdurre il c.d. regime degli orari multiperiodali, cioè la possibilità di seguire orari settimanali superiori e inferiori all’orario normale, a condizione che la media corrisponda alle 40 ore settimanali o alla durata minore stabilita dalla contrattazione collettiva, riferibile ad un periodo non superiore all’anno.

S’individua, poi, quale soglia invalicabile dall’autonomia contrattuale, il limite di 48 ore per ogni periodo di sette giorni: tale valore costituisce una media da calcolarsi con riferimento a un arco temporale non superiore a quattro mesi, elevabile in caso di ragioni obiettive, tecniche o inerenti l’organizzazione del lavoro dai contratti collettivi fino a sei o a dodici mesi dai contratti collettivi.
Per quanto concerne la durata massima giornaliera, il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore; ne consegue, quindi, che la giornata lavorativa non possa superare le 13 ore.

In difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso allo straordinario è ammesso per un periodo non superiore a 250 ore annue.

La legge, ancora, prevede  alcune fattispecie per le quali – salva diversa previsione della contrattazione collettiva – si può ricorrere al lavoro straordinario (art. 5  del D. Lgs. n. 66/2003). I casi previsti sono i seguenti:
> eccezionali esigenze tecnico-produttive e impossibilità di fronteggiarle attraverso l’assunzione di altri lavoratori;
casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato, ovvero a un danno alle persone o alla produzione;
eventi particolari (mostre, fiere e manifestazioni collegate all’attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse), preventivamente comunicati agli uffici competenti e in tempo utile alle rappresentanze sindacali aziendali.

Il ricorso al lavoro straordinario deve essere, inoltre, contenuto.

La sistematica richiesta di prestazioni eccedenti i limiti massimi stabiliti dalla legge o dalla contrattazione collettiva rispetto alla misura (giornaliera, settimanale, periodale o annua) del lavoro o la violazione delle regole sui riposi – come anche  lo svolgimento della prestazione secondo modalità temporali irragionevoli – configura una responsabilità del datore di lavoro per il danno cagionato alla salute (art. 32 Cost.), oltre che alla personalità morale (art.35 Cost.), del lavoratore in relazione all’art. 2087 del codice civile (Cass. civ., sent. n. 16711/2020).

Alla luce di tali premesse e secondo consolidata giuripsrudenza di legittimità, il lavoratore ha il diritto di rifiutare il lavoro straordinario quando la direttiva impartita non rispetta i limiti previsti dalla legge o dal contratto collettivo, o per motivi gravi e rilevanti (ad. esempio in caso di  conflitto con le inderogabili esigenze di cura o di salute del lavoratore medesimo o di membri della sua famiglia). Grava – secondo l’art. 2697 del codice civile – sul lavoratore l’onere di provare, a giustificazione del rifiuto di corrispondere alla richiesta, “una inaccettabile arbitrarietà della medesima“. Detto rifiuto, se le prestazioni domandate sono contenute nei limiti di legge, potrà concretare un inadempimento sanzionabile disciplinarmente, a condizione che il potere discrezionale dell’imprenditore di richiedere la prestazione dello straordinario sia stato esercitato secondo le regole di correttezza e buona fede, poste dagli artt. 1175 e 1375 del codice civile e, quindi, anche dando un preavviso adeguato (v. anche Cass. civ., sent. n. 11821/2003).


Vai alla Fonte