Pubblicato il: 01/08/2024

L'art. 1102 del c.c., rubricato “Uso della cosa comune”, disciplina i diritti che ciascun condomino può esercitare sulla cosa comune. La norma, in particolare, dispone che ciascun comproprietario può godere del bene comune, purché tale godimento “non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”. La finalità della norma è garantire la piena effettività della previsione di cui all’art. 832 del c.c. – che disciplina il diritto di proprietà – garantendo però, al contempo, a ciascun condomino di poter esercitare i propri diritti sul bene in condominio.
L’art. 832 del c.c. sancisce il diritto del proprietario di godere e disporre dei propri beni in modo pieno ed esclusivo, pur sempre nel rispetto degli obblighi previsti dalla legge.
Tuttavia, ogni comproprietario, nel godere del bene comune, non deve limitare il godimento da parte degli altri condomini; anche un utilizzo più intenso del bene dev’essere comunque compatibile con i diritti degli altri.
Tanto premesso, è possibile affermare che la disciplina di cui all’art. 1102 c.c. si applica anche in ambito condominiale. Ne discende che le aperture realizzate sulla facciata di un appartamento privato – o comunque di una parte di proprietà esclusiva – sono lecite, purché realizzate nel rispetto delle norme in materia di utilizzo delle parti comuni del condominio.

Un principio importante all’interno del nostro ordinamento, che assume veste sovraindividuale, è rappresentato dal rispetto dell’estetica e del decoro architettonico degli immobili. Esso si applica anche in ambito condominiale, per cui ciascun condomino, nell’esercitare i propri diritti sia sui beni di proprietà esclusiva che su quelli comuni, è tenuto al rispetto di tale principio.
Tale principio è contenuto all'interno dell'art. 1120 del c.c., comma 4, che disciplina espressamente le innovazioni realizzate in ambito condominiale, definendo le maggioranze necessarie alla loro approvazione, nonché i tipi di interventi che possono essere realizzati in concreto. Esso, quindi, si estende alle variazioni che il condomino realizza sul bene comune.
Se ne deduce quindi che l'apertura di una finestra sul muro condominiale, oppure l'ingrandimento o lo spostamento di una veduta, nonché la trasformazione di una finestra in balcone sono leciti, purché il condomino che pone in essere tali modifiche non alteri la consistenza del muro condominiale e delle linee e simmetrie dell'edificio.

Proprio per questo, spesso, i regolamenti condominiali contengono clausole che vietano qualsiasi opera esterna, idonea a modificare l’architettura e l’este­tica del fabbricato e delle parti comuni.
Infatti, il nostro ordinamento non prevede alcun divieto in tal senso. I regolamenti condominiali possono legittimamente introdurre previsioni derogatorie o integrative della disciplina codicistica, anche eventualmente più rigorose dell’art. 1120 c.c., in materia di innovazioni.
L'esistenza di un divieto contrattuale di modificare l'aspetto estetico dell'edificio facilita la dimostrazione dell'alterazione illecita del decoro architettonico, poiché elimina la necessità di verificare concretamente l'impatto sulla configurazione dell'immobile.


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