Pubblicato il: 31/07/2024

La dipendenza dal gioco d'azzardo, nota come ludopatia, è ad oggi considerata come una vera e propria malattia. Purtroppo, è noto che il gioco compulsivo rappresenta una delle principali cause di indebitamento, al punto che chi ne soffre si ritrova gravato da numerosi e (spesso) esosi debiti da saldare. Questa situazione critica colpisce non solo il singolo giocatore, ma anche la sua famiglia, rendendo il recupero finanziario molto complesso.
Sebbene la scelta migliore consista nell’iniziare un percorso terapeutico, al fine di migliorare la qualità della vita, tale soluzione non aiuta ad eliminare i debiti accumulati.
Pertanto, una questione che spesso si pone riguarda la possibilità che la genesi patologica dei debiti – che, appunto, nascono a causa di una malattia ormai pienamente riconosciuta – possa avere un impatto sulla loro risoluzione.

In tale quadro, molto importante è la posizione adottata dalla giurisprudenza, la quale viene incontro alle esigenze dei debitori affetti da ludopatia, permettendo loro di saldare i propri debiti in modo agevolato. Tuttavia, ciò accade purché essi siano in grado di dimostrare la sussistenza di una condizione patologica.
Diversamente, i debiti contratti per il gioco d'azzardo possono essere considerati frutto di colpa grave, determinando così l’esclusione del debitore dalle procedure di composizione della crisi. Sussistono, tuttavia, alcune ipotesi in cui potrebbe non essere necessario pagare tali debiti.

Prima di analizzare più dettagliatamente i rapporti tra ludopatia e procedure di risoluzione della crisi, è essenziale fare una breve premessa sulla natura dei debiti di gioco.
Nel nostro sistema giuridico manca una regolamentazione organica del gioco, che attualmente è disciplinata in modo frammentario da diverse normative, incluse quelle presenti nel codice civile e nel codice penale.
Il gioco consiste in una competizione a scopo principalmente ricreativo, condotta secondo regole predeterminate.
Il debito di gioco nasce dall'attività ludica e può riguardare una somma di denaro o altri beni. Tuttavia, questo tipo di debito non può essere oggetto di coercizione legale; però, se viene pagato spontaneamente, non può esserne richiesta la restituzione.

La scommessa è un contratto con cui le parti si assumono reciprocamente il rischio del risultato di un gioco o dell'esattezza di un'opinione, impegnandosi a pagare una somma concordata nel caso in cui l'esito sia sfavorevole o l'opinione si riveli errata.
I contratti di scommessa possono essere bilaterali o plurilaterali, coinvolgendo due o più soggetti. A seconda della natura del rischio, una scommessa può essere di azzardo, se l'esito dipende esclusivamente dalla sorte, o di abilità, se la competenza dei partecipanti è determinante. Esistono anche scommesse di natura mista.
L'art. 1933 del c.c. stabilisce esplicitamente che non esiste un’azione specifica volta ad ottenere il pagamento di un debito di gioco o di scommessa. La norma specifica, inoltre, che il perdente non può richiedere la restituzione di quanto pagato spontaneamente, a meno che non vi sia stato inganno o frode. Tuttavia, la ripetizione è ammessa se il perdente è un incapace.

Secondo questa norma, chi paga un debito di gioco non ha azione legale per la restituzione poiché l'obbligazione non è giuridicamente coercibile, ma nasce da un dovere naturale, come il desiderio del giocatore di mantenere la propria reputazione.
I requisiti per l'irripetibilità sono:

  • la spontaneità del pagamento;
  • l'assenza di inganno o frode;
  • la capacità del soggetto al momento del pagamento.
Tale disciplina si intreccia inevitabilmente con quella di cui all’art. 2034 del c.c., in materia di obbligazioni naturali. La norma richiamata dispone che nel nostro ordinamento giuridico non è ammessa la restituzione di quanto è stato spontaneamente fornito in esecuzione di doveri morali o sociali, a meno che la prestazione non sia stata effettuata da un incapace. Questi doveri – e qualsiasi altro per cui la legge non concede azione, ma esclude la ripetizione di ciò che è stato spontaneamente pagato – non producono ulteriori effetti.
Discussa è la natura giuridica delle obbligazioni naturali. Al riguardo, infatti, si sono formate varie tesi:
  • alcuni studiosi ritengono che l'obbligazione naturale rientri nel genus dell’obbligazione giuridica civile, ma con la peculiarità della non coercibilità del vincolo. Altri invece considerano l'obbligazione naturale una forma imperfetta di obbligazione giuridica, in quanto non produce tutti gli effetti tipici;
  • la tesi prevalente sostiene che le obbligazioni naturali non costituiscono rapporti giuridici, ma fungono da causa giustificatrice delle attribuzioni patrimoniali.
Le diverse fattispecie di obbligazioni naturali possono essere indicate dalla legge, come ad esempio accade con il pagamento spontaneo di un debito di gioco o di una scommessa, ai sensi dell’art. 1933 c.c.
Altre ipotesi di obbligazioni naturali possono essere individuate dal giudice, in presenza di un adempimento spontaneo di un obbligo morale o sociale (ad esempio, la prestazione di alimenti a favore di parenti legittimi senza titolo giuridico).

Da quanto detto, si evince che i debiti di gioco non siano idonei a produrre effetti giuridici. Pertanto, il creditore (ovvero il vincitore del gioco o della scommessa) non ha a disposizione alcuna azione per ottenere l’adempimento coattivo dell’obbligazione.

Oltre ai debiti di gioco, esiste una seconda categoria di debiti esenti, legata a contratti stipulati quando la persona era incapace di intendere e volere.
Questi contratti possono essere annullati, a patto che l'incapacità sia dimostrata da un certificato medico. La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 33463/2018, ha stabilito che la ludopatia può causare incapacità, purché sia patologica e influenzi significativamente la capacità di giudizio e il controllo degli impulsi. Nei casi più gravi, chi è affetto da ludopatia è riconosciuto incapace sulla base di valutazioni mediche e psicologiche.

Anche il legislatore viene incontro ai soggetti gravati da debiti di gioco, attraverso le procedure di composizione della crisi. Le stesse aiutano i debitori incolpevoli a risolvere i propri debiti, a condizione che non possano affrontarli con le proprie risorse. Si tratta del sovraindebitamento, che prevede diverse procedure, tutte basate sul principio per cui il debitore, per accedervi, deve essere meritevole.
Chi ha accumulato debiti per colpa grave non ha diritto a questi aiuti, mentre chi è incolpevole può accedere a procedure agevolate. Gli indebitamenti dovuti al gioco d'azzardo possono rientrare in entrambi i casi, poiché la dipendenza non è sempre considerata così grave da compromettere le capacità del soggetto.
La giurisprudenza maggioritaria riconosce la ludopatia come un fattore esterno non imputabile al debitore, qualora essa rappresenti una dipendenza patologica e grave certificata dal Dipartimento di salute mentale e dipendenze patologiche.
Al fine di ottenere tali agevolazioni, si tiene conto anche della partecipazione a un percorso di cura e riabilitazione, ma ciò che conta maggiormente è proprio la sussistenza di una condizione patologica. In assenza di questa, i debiti sono imputabili direttamente al soggetto, configurando una colpa grave che esclude l'accesso alle procedure di sovraindebitamento.
Infatti, chi spende oltre le proprie possibilità in modo frivolo e si indebita consapevolmente, giocando d'azzardo, non può accedere alle procedure di composizione della crisi. Se tali azioni derivano da una condizione patologica, invece, il debitore può essere esentato dalla responsabilità e usufruire di procedure agevolate.


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