Download PDF

Cass. Civ., Sez. I, 26 giugno 2024, n. 17584, Pres. Marulli, Rel. Campese

Edita in Diritto del Risparmio con il seguente commento:

“Con la recentissima ordinanza in oggetto, la Corte di Cassazione, cassando con rinvio una sentenza della Corte d’Appello di Ancona, in accoglimento di un ricorso del nostro studio, è tornata a pronunciarsi sui principi che regolano l’onere della prova nei rapporti di conto corrente bancario.

In particolare, secondo la Suprema Corte, come affermato da numerose e precedenti pronunce, nel giudizio introdotto per chiedere la restituzione di somme indebitamente versate alla Banca in virtù della nullità delle clausole di un contratto di conto corrente bancario, una volta esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista (oppure la non debenza di Commissioni di Massimo Scoperto o, ancora, il non corretto calcolo dei giorni valuta) e riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto, l’accertamento del dare ed avere può attuarsi con l’impiego anche di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto stessi (cfr. Cass. n. 22290 del 2023; Cass. n. 10293 del 2023). Gli estratti conto, continua la Corte, non costituiscono l’unico mezzo di prova attraverso con cui ricostruire le movimentazioni del rapporto. Essi – come rimarcato da Cass. n. 37800 del 2022 (e sostanzialmente ribadito dalle più recenti Cass. n. 10293 del 2023 e Cass. n. 22290 del 2023) – consentono di avere un appropriato riscontro dell’identità e della consistenza delle singole operazioni poste in atto; tuttavia, in assenza di un indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l’andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni.

In tal senso, allora, a fronte della mancata acquisizione di una parte dei citati estratti conto, il giudice del merito:

i) «ben può valorizzare altra e diversa documentazione, quale, esemplificativamente, e senza alcuna pretesa di esaustività, le contabili bancarie riferite alle singole operazioni, oppure, giusta gli artt. 2709 e 2710 cod. civ., le risultanze delle scritture contabili (ma non l’estratto notarile delle stesse, da cui risulti il mero saldo del conto: Cass. 10 maggio 2007, n. 10692 e Cass. 25 novembre 2010, n. 23974), o, ancora, gli estratti conto scalari (cfr. Cass. n. 35921 del 2023; Cass. n. 10293 del 2023; Cass. n. 23476 del 2020; Cass. n. 13186 del 2020), ove il c.t.u. eventualmente nominato per la rideterminazione del saldo del conto ne disponga nel corso delle operazioni peritali, spettando, poi, al giudice predetto la concreta valutazione di idoneità degli estratti da ultimo a dar conto del dettaglio delle movimentazioni debitorie e creditorie (come già opinato proprio dalla citata Cass. n. 13186 del 2020, non massimata, in presenza di una valutazione di incompletezza degli estratti da parte del giudice del merito), oppure, come sancito da altra recentissima pronuncia di questa Corte. n. 2607 del 29 gennaio 2024 – anche la stampa dei movimenti contabili risultanti a video dal data base della banca, ottenuta dal correntista avvalendosi del servizio di home banking, se non contestata in modo chiaro, circostanziato ed esplicito dalla banca quanto alla sua non conformità a quanto evincibile dal proprio archivio (cartaceo o digitale)»;

ii) «parimenti, può attribuire rilevanza alla condotta processuale delle parti e ad ogni altro elemento idoneo a costituire argomento di prova, ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ.»;

iii) «È innegabile, peraltro, che malgrado la richiamata, vasta tipologia di documentazione utilizzabile per la integrale ricostruzione delle operazioni che si sono susseguite sul conto (spesso in un arco temporale anche molto ampio), non sempre sia possibile addivenire a quel risultato, sicché, solo in tale ipotesi al giudice di merito sarà consentito utilizzare, dandone adeguata giustificazione, i metodi di calcolo che ritenga più idonei al raggiungimento comunque di un risultato che rispecchi quanto più possibile l’avvenuto effettivo sviluppo del rapporto tra le parti»;

iv) «In quest’ottica, dunque, potrà certamente trovare applicazione anche il criterio dell’azzeramento del saldo o del cd. saldo zero, il quale, pertanto, altro non rappresenta che uno dei possibili strumenti attraverso il quale può esplicitarsi il meccanismo della ripartizione dell’onere probatorio tra le parti sancito dall’art. 2697 cod. civ.»

Infine la Corte di Cassazione, avendo accertato che la Corte territoriale non aveva considerato di esaminare la documentazione fornita dal correntista, costituita da circa 50 documenti, ha colto l’occasione per ribadire uno dei principi di diritto espressi dalle Sezioni Unite con la nota sentenza n. 4835/2023 a mente del quale  “in materia di prova documentale nel processo civile, il giudice d’appello ha il potere-dovere di esaminare un documento ritualmente prodotto in primo grado nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi (mediante richiamo di esso nella parte argomentativa dei motivi formulati o delle domande ed eccezioni riproposte) illustrando le ragioni, trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto del documento acquisito giustifichi le rispettive deduzioni” (Cass. S.U., sent. n. 4835/2023).

Pertanto, la pronuncia della Corte territoriale che, in violazione dei suddetti principi aveva rigettato de plano le domande del correntista senza aver esaminato la documentazione fornita e, per di più, senza aver svolto un apposito accertamento di natura tecnica (ovvero diverso, in base ai principi esposti) volto a ricostruire l’andamento del rapporto, è stata giustamente cassata con rinvio”.

Cfr. di recente Cassazione civile, sez. I, 02 Maggio 2024, n. 11735. Pres. Di Marzio. Est. Caiazzo

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.