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Memorandum nomofilattico

Correntista attore, impossibile deposito dei contratti poiché non redatti in forma scritta, nullità integrale ex art. 117 TUB, non debenza di alcun interesse

di Dario Nardone*

Cass. civ., Sez. VI, ordinanza n. 6480 del 9 marzo 2021, Pres. Scaldaferri, Rel. Falabella: ai sensi del principio generale dell’onere della prova ex art. 2697 c.c., il correntista attore che agisce per la rideterminazione del saldo o la ripetizione dell’indebito ha l’onere di produrre il contratto; tuttavia, in presenza di pacifica acquisizione circa la conclusione del contratto verbis tantum o per facta concludentia,  in caso di contestazione della banca, non può gravarsi il correntista della prova negativa della documentazione dell’accordo, incombendo semmai alla banca convenuta di dare prova positiva circa l’esistenza del contratto in forma scritta se vuole evitarne la pronunzia di nullità integrale ex art. 117 TUB. Difatti, Senza contratto scritto richiesto dalla legge ad substanziam non c’è diritto (della banca), perché la forma solenne è costitutiva del diritto medesimo.

Cass. civ., Sez. I, ordinanza n. 24051 del 26 settembre 2019, Pres. De Chiara, Rel. Tricomi: “quanto alle singole clausole … se è vero che anche nelle azioni di accertamento negativo l’onere della prova incombe sull’attore, tuttavia quanto ai fatti negativi (nella specie, inesistenza di convenzione scritta di interessi ultralegali e di previsione contrattuale sufficientemente specifica di commissioni di massimo scoperto) trova applicazione il principio di vicinanza o inerenza della prova, che ribalta l’onere sul convenuto (principio teorizzato frequentemente nella giurisprudenza di legittimità e applicato anche dalle Sezioni Unite, nella sentenza n. 13533 del 30/10/2001  sulla prova dell’inadempimento)”.

Cass. civ., Sez. III, ordinanza n. 28158 del 10 novembre 2020, Pres. Travaglino, Rel. Fiecconi: atteso che le rimesse su conto corrente hanno normalmente funzione ripristinatoria della provvista, la banca eccipiente la prescrizione delle rimesse solutorie ha l’onere di allegare e produrre in giudizio il contratto di apertura di credito per “provare che, a livello contrattuale, non si ricade in una ipotesi di affidamento che, nella tecnica bancaria, esclude la presenza di operazioni allo scoperto, e ciò a supporto della eccezione di prescrizione sollevata in relazione a pagamenti di poste solutorie del conto corrente”; eccezione di prescrizione che, in caso di mancata prova ad onere della banca, va rigettata.

Cass. civ., Sez. I, ordinanza n. 17110 del 26 giugno 2019, Pres. Acierno, Rel. Falabella: in assenza di un contratto autonomo ed autosufficiente della regolamentazione dell’affidamento, non sussiste nullità della convenzione di apertura di credito per vizio di forma ove la stessa sia collegato ad un contratto di conto corrente, che ne disciplini l’esistenza. Pur trattandosi di due figure negoziali del tutto distinte ed autonome, la Corte ha riconosciuto il collegamento negoziale tra i due accordi (i.e. il contratto di conto corrente ordinario e l’apertura di credito), richiamando il co. 2 dell’art. 117 T.U.B., in base al quale il C.I.C.R. può prevedere, alla presenza di obiettive ragioni tecniche, che determinati contratti siano redatti in forme diverse da quella scritta. Ne consegue che, qualora le linee di credito non abbiano una autonoma regolamentazione contrattuale, non possono che a loro volta essere ritenute integralmente nulle qualora il contratto di conto corrente al quale rinviano sia nullo per mancanza di forma scritta.

Cass. civ., sez. III, sentenza n. 5609 del 7 marzo 2017, Pres. Vivaldi, Rel. D’Arrigo: “Invero, la mancanza di forma scritta per il contratto di apertura del conto corrente n. OMISSIS) dovrebbe comportare la nullità dell’intero rapporto ai sensi dell’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. con conseguenti obblighi restitutori di tutti gli interessi percepiti”: dunque la nullità integrale del contratto (per assenza di forma scritta) comporta il ricalcolo del saldo senza applicazione di alcun interesse debitore, neanche sostitutivo (tassi BOT), che va invero applicato nel diverso caso in cui v’è contratto scritto ma manchi la pattuizione del tasso di interesse o il tasso pattuito violi i commi 4 e 6 dell’art. 117 TUB, o sia indeterminato ed indeterminabile.

Cassazione Civile, Sez. VI, 10 settembre 2019, n. 22640 – Pres. Scaldaferri, Rel. Iofreda: “Secondo l’impostazione di questa Corte a Sezioni Unite, “il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti” (Cass. SSUU nn. 898-12001201-1653/2018). Tale principio, reso in materia di contratti di intermediazione finanziaria, non può non operare nella materia dei contratti bancari soggetti al D.Lgs. n. 385 del 1993. Quindi, pure in tema di contratti bancari, vale la conclusione cui pervengono le Sezioni Unite, allorquando esse hanno evidenziato come il dato della sottoscrizione dell’intermediario risulti “assorbito”, quindi privo di rilievo, una volta che lo scopo perseguito dalla legge sia raggiunto attraverso la sottoscrizione del documento contrattuale da parte del cliente e la consegna a quest’ultimo di un esemplare del medesimo, dovendo il requisito della forma ex art. 1325 c.c., n. 4, essere inteso “non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità propria della normativa” (in termini, v. Cass. 12959/2018; Cass. 14646/2018; Cass. 16406/2018; Cass. 23959/2019). Una volta che risulti provata la sottoscrizione da parte del correntista e che vi sia stata la consegna della scrittura a quest’ultimo, il consenso della banca, ai fini della formazione dell’accordo, può desumersi, come evidenziato dalle Sezioni Unite, da comportamenti concludenti, quali appunto la consegna del documento negoziale, da essa predisposto, la raccolta della firma del cliente e l’esecuzione del contratto, ed il requisito della forma scritta del contratto di conto corrente bancario è soddisfatto”;  se, dunque, la Cassazione inserisce la consegna al cliente del contratto monofirma quale elemento indefettibile perché sia integrata la forma ad substantiam, le Istruzioni della Banca d’Italia, dal canto loro, prescrivono le condizioni necessarie per la validità della consegna medesima. Nella Sezione “CONTRATTI”, par. 2 “FORMA DEI CONTRATTI”, le Istruzioni recitano: “I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare, comprensivo delle condizioni di contratto, è consegnato al cliente. La consegna è attestata mediante apposita sottoscrizione del cliente sull’esemplare del contratto conservato dalla banca. Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo; la nullità può essere fatta valere solo dal cliente”. Da tanto si evince che non è idonea a realizzare la “consegna”  – ai fini del rispetto della forma ad substantiam –  una sola sottoscrizione, pur se nel testo contrattuale (spesso con la “spunta” sulla relativa dicitura) il cliente dichiari di aver ricevuto copia del contratto: è invece necessaria una seconda (apposita) sottoscrizione,  distinta da quella relativa al perfezionamento del contratto, che deve essere rilasciata appositamente e specificamente per la quietanza di ricezione della scrittura. In caso contrario, il contratto monofirma rimane irrimediabilmente nullo ed il cliente ha diritto di vedersi restituiti tutti gli importi che la banca ha percepito in virtù delle clausole negoziali nulle.

Pescara, lì 13 marzo 2021

*Tutti i contenuti del sito internet www.studiolegalenardone.it sono protetti dal diritto di autore. I contenuti pubblicati possono essere utilizzati gratuitamente soltanto previa indicazione bibliografica del sito di provenienza e dell’autore Avv. Dario Nardone

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