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Corte di Appello di Bari, sentenza n. 526 del 21 marzo 2018, Pres. Rel. Di Leo

È viziato da nullità assoluta il contratto di fideiussione che sia una riproduzione fedele dello schema contrattuale relativo alla fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie predisposto dall’ABI; benché tale modello, come più volte è stato ribadito, fosse privo di valore vincolante per le banche associate, nella realtà concreta se ne trova frequentissima applicazione, tanto da dare luogo alla instaurazione di una prassi bancaria di applicazione uniforme di clausole assolutamente standard comuni a tutto il sistema bancario.

Gli effetti della contrarietà dello schema contrattuale adottato dalle banche rispetto normativa antitrust vigente sono evidenti: i contratti di fideiussione che si mostrino fedeli al richiamato schema contrattuale dovranno essere considerati nulli, essendo caratterizzati da causa illecita, perché contraria a norme imperative.

In altri termini, secondo il Supremo Collegio (Cass. Civ. Sez. I, ord. 12.12.2017, n. 29810), la violazione dell’art. 2 della Legge Antitrust, consumatasi a monte nella predisposizione e nell’adozione uniforme di uno schema contrattuale restrittivo della concorrenza, determina la nullità dei contratti stipulati a valle in conformità allo schema, giacché questi costituiscono lo sbocco sul mercato dell’intesa illecita.

La Corte di Cassazione ha, quindi, stabilito il principio per cui può essere dichiarato nullo il contratto lesivo della legge n.287/90, anche se sottoscritto prima del provvedimento che ne accerti il carattere anticoncorrenziale, quando tale contratto sia frutto di precedenti accordi che violano la normativa antitrust.

Ciò che viene in rilievo, ai fini della dichiarazione di nullità del contratto fideiussorio, è l’illecita condotta anticoncorrenziale posta in essere dal sistema bancario, concretatasi nella predisposizione di modelli negoziali uniformi; tale illecita condotta è idonea ad inficiare la validità di tutti i successivi contratti che di essa sono diretta applicazione, anche quelli temporalmente anteriori all’accertamento effettuato dalla Banca d’Italia.

L’eccezione de qua, seppur sollevata in maniera generica nella comparsa conclusionale dall’appellante, è idonea ad attivare il dovere di questo Collegio di rilievo ex officio.

L’art. 1421 c.c. è chiaro nel sancire che la nullità – oltre a poter essere fatta valere da chiunque ne abbia interesse – può essere rilevata d’ufficio dal giudice; sul tema, poi, le Sezioni Unite sono intervenute, a più riprese, chiarendo che la rilevabilità da parte del giudice della nullità del contratto non conosce né consente limitazioni, essendo, quindi, possibile che sia il giudice d’appello a rilevare d’ufficio, per la prima volta, una causa di nullità (Cass. civ. Sez. Unite 12/12/2014. n. 26243; n.275l6/16).

In particolare, la Suprema Corte ha puntualizzato che il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetta anche al giudice investito del gravame relativo ad una controversia avente ad oggetto il riconoscimento di una pretesa che presuppone la validità ed efficacia del rapporto contrattuale dedotto in giudizio – e che sia stata decisa dal giudice di primo grado, senza che questi abbia prospettato ed esaminato, né le parti abbiano discusso, di tali validità ed efficacia – trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda ed integrante, perciò, un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c. (Cass. civ., Sez. Unite, 22/03/2017 n. 7294; n.884l/ 17).

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