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Cass. Pen, sez. II, n° 28928 del 3 luglio 2014

In breve la ricostruzione delle condotte usurarie: la persona offesa, L.M.G. stipulava, dietro cessione del quinto dello stipendio, una serie di mutui, uno dietro l’altro, previa estinzione anticipata del precedente quale condizione per stipularne il successivo. La conseguenza era che, fermo il tasso di interesse, come originariamente concordato e rapportato alla somma in effetti riscossa a titolo di mutuo, era indotta a pagare, per poter accedere alla nuova pattuizione, per intero le spese e le commissioni pattuite per l’intero periodo originariamente previsto e concordato, con il conseguente superamento del tasso previsto per legge.

Conviene premettere che in tema di usura, quando tra le stesse persone le dazioni di denaro successive alla scadenza delle precedenti non costituiscono l’esecuzione della iniziale promessa, ma del rinnovo del patto usurario con la rifissazione del capitale in diverso importo e dei conseguenti interessi, trattandosi della conclusione di patti successivi, anche se occasionalmente promananti dalla scadenza dei precedenti, si è in presenza di un reato continuato di usura. Parimenti quando il mutuatario, in stato di bisogno, decide di contrarre un nuovo mutuo per la concessione del quale l’istituto mutuante impone la estinzione anticipata del precedente.

In tal caso il mutuatario, come nella specie, è costretto dalle condizioni del mutuo, a versare l’intera somma pattuita a titolo di spese e commissioni. E, per giurisprudenza che non registra arresti di sorta, nella determinazione del tasso di interesse, ai fini di verificare se sia stato posto in essere il delitto di usura, occorre tener conto, ove il rapporto finanziario rilevante sia con un istituto di credito, di tutti gli oneri imposti all’utente in connessione con l’utilizzazione del credito, e quindi perfino della “commissione di massimo scoperto”, che è costo indiscutibilmente legato all’erogazione del credito. In definitiva ai fini della determinazione del tasso di interesse usurario, deve tenersi conto anche delle commissioni bancarie, delle remunerazioni richieste a qualsiasi titolo e delle spese ad esclusione di quelle per imposte e tasse collegate all’erogazione del credito (Sez. 2°, 23.11/19.12, P.G. in proc. DF e Masi e a., Rv. 252195).

Il reato si consuma non solo con la promessa o la dazione di “interessi” (richiamandosi qui la trama normativa dettata dagli artt. 1815 e 1284 c.c. e L. n. 108 del 1996, art. 2), ma anche se oggetto di pattuizione sono comunque “vantaggi usurari”.

Questi ultimi sono illegittimi profitti, di qualsivoglia natura che l’accipiens riceve e che per il valore, raffrontato alla controprestazione, assumono carattere di usura cioè di interesse eccedente la norma. Si intende, poi, che allorché si verifichi l’estinzione anticipata del credito, ove evitare di imporre un interesse usurario, occorrerà ridurre le spese e le commissioni rapportandole alla durata onorata del prestito, e comunque mantenendo spese e commissioni nei limiti che impediscano il superamento del tasso legale.

Il testo integrale: Cass. Pen. sez II, n° 28928 del 3 luglio 2014

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